Capitani restituisca alla città una Torres sana

Se dobbiamo credere al compimento dei cicli, quello di Domenico Capitani a Sassari potrebbe essere giunto al capolinea. Dalla D alla D, dall’intervento da deus ex machina che preservò la miracolosa promozione firmata Lorenzoni-Bacci alla desolante retrocessione d’ufficio con l’onta del calcioscommesse a macchiare una storia ultracentenaria. Due anni intensi, ricchi di errori, patemi, sacrifici, 

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Se dobbiamo credere al compimento dei cicli, quello di Domenico Capitani a Sassari potrebbe essere giunto al capolinea. Dalla D alla D, dall’intervento da deus ex machina che preservò la miracolosa promozione firmata Lorenzoni-Bacci alla desolante retrocessione d’ufficio con l’onta del calcioscommesse a macchiare una storia ultracentenaria. Due anni intensi, ricchi di errori, patemi, sacrifici, rincorse e, sporadicamente, qualche piccola gioia. L’imprenditore pontino, e con lui il popolo torresino, non aveva certo immaginato che la sua esperienza alla guida della Torres potesse rivelarsi tanto complicata e che – a oltre 24 mesi dal suo insediamento – il bilancio alle voci risultati sul campo e fuori dal campo fosse d’un rosso fuoco. Due retrocessioni, rabbiosi e inutili litigi con i propri dirigenti, con la città e le sue istituzioni e una programmazione societaria sconclusionata a fronte dell’impegno a garantire al calcio turritano, di riffa e di raffa, la permanenza nella terza serie. Uno zucchero (un ricatto) che ha finito comunque per anestetizzare una piazza (provata da un decennio di delusioni e amarezze) in passato sempre in prima linea nel manifestare rigore e intransigenza nei confronti delle storture e delle pozze maleodoranti del calcio.

Effetto dell’incantesimo svanito, però, con l’arrivo del discusso ciclone Palazzi. Il tuono dello scandalo del calcioscommesse, deflagrando brutalmente sul “Vanni Sanna”, ha dato la scossa decisiva a far traboccare un vaso invero già stracolmo. La Sassari pallonara ha rialzato testa e voce e la figura di Domenico Capitani esce a pezzi dalla lunga estate dei processi. In primis perché fattore decisivo nelle motivazioni (logiche sì e che sostanzialmente vanno vanificare il polverone alzato attorno al coinvolgimento dei ragazzi della Beretti, ma buffe per non dire vigliacche nel giustificare una teoria, quella che garantisce l’impalcatura del processo sportivo, che fa acqua da tante parti) che hanno determinato la sentenza in appello; e in secondo luogo perché la linea difensiva adottata, quella che lo collocava tra gli inconsapevoli martiri vittime del sistema, ha finito per danneggiare oltremodo la Torres, laddove un’ammissione di colpa avrebbe verosimilmente evitato al vessillo rossoblù la ridiscesa negli inferi. Senza dimenticare la scorrettezza che più ferisce e indigna: un presidente che scommette contro la propria squadra.

 

L’auspicio (o per meglio dire, l’invito), adesso, è che Capitani garantisca, senza ulteriore traumi, un disimpegno che favorisca l’ingresso di quelle forze che si stanno organizzando per rilevare la società. Un’occasione di redenzione che gli garantirebbe un’uscita di scena quanto meno più dignitosa, a patto evidentemente che consegni ai suoi successori una Torres solida e sana, la stessa su cui mise le mani nel giugno 2013 senza nemmeno dover aprire il portafogli davanti a un distrutto Lorenzoni. Di Domenico Capitani a Sassari non si sente realmente più la necessità: si lasci dettare la linea dalla riconoscenza che deve nei confronti di un pubblico e di una comunità che – fin troppo generosamente e dunque colpevolmente – gli hanno perdonato e condonato tutto, allestisca una rosa di giocatori che possano difendere con onore i colori rossoblù (chapeau a Luigi Scotto, Davide Bottone, Giacomo De Martis e Giancarlo Lisai che con ogni probabilità continueranno a essere torresini) e chiuda con un colpo di spugna contenziosi e pendenze fioriti sotto la sua gestione. Garantisca alla plurititolata squadra femminile un futuro in Serie A e non tenga la società in ostaggio un minuto di più. Sarà soltanto un auspicio, ma oggi più che mai piazza e tifosi hanno l’occasione di riprendersi la Torres e di determinarne il futuro. Consci che di capitani e compagnie di ventura a Sassari non c’è bisogno.

Matteo Sechi

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