Il Cagliari riparte da dove aveva finito

Cagliari con le ossa rotto al ritorno da Genova

Rastelli osserva i suoi in campo

Rastelli osserva i suoi in campo

Un Cagliari rintanato nella casa del lupo, intimorito e incapace di farsi valere per quelle che dovrebbero essere le sue qualità, a livello di singoli e impronta di gioco. Il copione è stato riproposto dal debutto in Serie A in quel di Genova, dove l’antico nemico Juric e il suo “Vecchio Balordo” hanno messo alle corde una squadra, quella di Rastelli, che ha ricordato la sua versione meno consistente, già vista tante volte nelle più calde trasferte cadette.




E’ andata come ci si aspettava, e come si attendeva il nocchiero isolano: un match ad alta intensità (degli avversari), in un catino bollente, dove bisognava vivere di lacrime e sangue, sperando in qualcosa di buono. E questo stava arrivando, era arrivato grazie alle gemme di un duo d’attacco che gli dei del calcio dovranno preservare, tanto è il talento di Sau e Borriello, contestuale ad una chimica trovata in un amen. Tre tiri in porta: uno sciagurato errore del sardo, il gol da campione del campano e il palo di Giannetti, che grida vendetta e che purtroppo era stato anticipato da un giovedì dove il senese aveva vestito i panni dello “Sciagurato Egidio”.

Il resto della gara ha visto il Cagliari fare le barricate, almeno venti metri più indietro del dovuto (parole di Rastelli), mai in grado di impensierire il Genoa con ripartenze o costruzione del suo gioco. Benedetto sia il sacrificio del 34enne Borriello, bravo a rinculare e proteggere, protestare e picchiare, fino al gol. Della sua quantità si è giovato Sau, delizioso e da valorizzare, sperando che rimanga integro. Ma questi sono discorsi che sanno di ritornello. Il resto non fa certo sorridere, e sarà tema di lavoro in vista dello spauracchio Roma.




Enorme la distanza tra il centrocampo a cinque e le punte, in perenne difficoltà gli esterni Isla (che ancora deve capire dove sia piombato) e Murru (Lazovic ha animato la notte del selargino), in affanno un generoso Di Gennaro, che ha provato a salvare il salvabile nel flipper davanti alla difesa. La quale, guidata da un Bruno Alves già leader (unico neo la grave passività in occasione del 2-1), è affondata a livello di reparto più che negli individui, anche se la serata di Capuano va archiviata alla voce “dimenticabili”.

Il 3-5-2 è modulo che va studiato, assimilato, provato e riprovato, dai calciatori come dall’allenatore, il quale liquida l’argomento e ha dalla sua l’attenuante delle assenze. Vero è che – come ha detto Rastelli alla vigilia – “fino a pochi giorni non avevo gli elementi per sperimentarlo”, altrettanto innegabile è come quell’impianto di gioco non sia mai apparso sul campo di allenamento a livello di filosofia, che avrebbe potuto aiutare il gruppo a capire una delle due direzioni tattiche stagionali. Non hanno aiutato le defezioni di trequartisti per la prima di campionato, altrimenti ci sarebbe stata la scialuppa del più noto 4-3-1-2. E allora non resta che sperare nel recupero di Joao Pedro e Farias, oppure puntare su quel Barella che dietro le punte illuminò a Salerno, prima di essere sbolognato in prestito, non per volere di Rastelli.

Il Cagliari parte quindi col freno a mano tirato, lasciando un’impressione negativa al di là del risultato, che non è discutibile e con un po’ di fortuna poteva galvanizzare l’ambiente. Come invocato per tutto il campionato di Serie B, cercasi identità di squadra e spessore. Per affrontare gare come quella di Marassi, all’ordine del giorno nel massimo campionato, sporadiche ed eludibili in una cadetteria dove si poteva fare il bello e il cattivo tempo.

Fabio Frongia

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