Ultras, ma condanne e risposte quando arriveranno?

Gli scontri di Sassari riportano in auge l’antico e svilente dibattito

I tifosi nella Curva Nord del Sant'Elia di Cagliari

I tifosi nella Curva Nord del Sant’Elia di Cagliari

Il 19 agosto 1999, ad Alghero, l’ultimo vero scontro legato ad una sfida (amichevole, ebbene sì) tra Cagliari e Torres. Il 28 settembre 2008 ci fu la guerriglia di Serramanna (la Torres vi giocava contro la Gialeto, in Promozione). Sabato 25 marzo è arrivato il nuovo triste capitolo dei confronti a tinte ultras cagliaritano-sassaresi. Un confronto se vogliamo “monco”, viste le dinamiche di quanto avvenuto intorno alla stazione di Sassari, con i teppisti arrivati da Cagliari che se la sono presa più che altro con passanti e arredi urbani, mentre i rivali torresini arrivavano alla spicciolata e a “giochi” quasi fatti, senza che si possa parlare di vera e propria resa di conti tra opposte fazioni.




Dettagli per gli appassionati del genere, e per gli inquirenti, ma non cambia la sostanza di un problema che in Italia è annoso e ben lontano dal risolversi: quello della violenza messa in atto da gruppi di fatto para-militari, capaci di organizzarsi e che usano il calcio come pretesto per pianificare “imprese” di un certo tipo. E allora il focus va puntato su alcuni aspetti che riguardano in particolare il Cagliari, sia perché l’amichevole è stata organizzata a Sorso con dubbia lungimiranza, sia perché i protagonisti fanno parte di un gruppo che in questa stagione aveva già conquistato le cronache.

Sull’organizzazione è bene dire che, purtroppo, si è sottovalutato quello che poteva accadere, che in molti sospettavano. Si è data vita ad un evento che – spiace dirlo -, in un paese come l’Italia non è ancora possibile approntare. Il Cagliari si era già recato spesso nel nord Sardegna, ma forse il fatto che si arrivasse davvero ad un tiro di schioppo da Sassari ha reso tutto più ghiotto.

In casa Cagliari, però, la centralità la assume il rapporto con gli ultras. Sicuramente tra coloro i quali entrarono ad Asseminello lo scorso ottobre per incoraggiare la squadra non c’era alcuna stilla della violenza vista poche ore fa, ma – è un discorso che riguarda tutto il calcio italiano – legittimare e dialogare con questa folle componente aiuta soltanto a darle sempre più forza. Il tempo delle trattative dovrebbe essere finito da un pezzo, per lasciare spazio alle condanne vere. Il caso Storari con il diktat imposto dalla frangia più accesa albergante in Curva Nord era stato liquidato con un tweet di poco peso, annacquato poi dalla perdita della fascia del fu capitano e uomo-immagine, quindi da panchina, dichiarazioni di circostanza e cessione invernale.

Intemperanze allo stadio di Cagliari

Intemperanze allo stadio di Cagliari

Erano, quelli, gli stessi “tifosi” che prima di Natale avrebbero provocato un’ammenda salata e la chiusura di parte del Sant’Elia per reiterato lancio di bombe carta, ma anche lì arrivò una condanna generalizzata. E, ancora, le scritte contro Ibarbo, poi ceduto pochi giorni dopo (ma qui non sembra esserci nessun legame), fino agli episodi sassaresi. Di fronte ai quali, a 24 ore dalla guerriglia, rimane solo una dichiarazione sibillina e quasi forzata anziché una ferma, diretta e propositiva condanna affinché le cose cambino per davvero. Ma questo, come in altri lidi, rimarrà un sogno difficile da realizzare.

Meglio, allora, lasciare spazio a ipocrisia e speranza affinché nulla di grave accada. Agli spiegamenti di forze eccezionali per una partita di calcio (vedi Olbia-Torres del maggio 2016), alle inchieste torinesi sui rapporti tra Juventus e ultras legati alla criminalità organizzata, alle minacce per i presidenti che provano a opporsi al ricatto delle Curve, alle spranghe e i coltelli comparse sul campo di allenamento di Taranto, ai maltrattamenti verso i calciatori del Matera a ridosso delle proprie abitazioni. Giusto per rimanere alle cronache delle ultime settimane. Così è, se vi pare.

Fabio Frongia




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