Pizzul: “Rastelli ha fatto molto bene”

“Credo ci siano due momenti di fondamentale importanza nella storia del calcio italiano: lo Scudetto del Cagliari e quello del Verona”

Bruno Pizzul

Bruno Pizzul

Per diverse generazioni di italiani Bruno Pizzul è stato la voce del calcio italico. Ha accompagnato – con competenza e lucidità – milioni di tifosi in pomeriggi di passione e notti di speranza, conquistando un posto di diritto nel gotha del giornalismo sportivo, tra Carosio e Cucchi, Provenzali e Ciotti. Abbiamo parlato con lui – così come un giovane pittore parlerebbe con Monet – della stagione del Cagliari, atteso dalla trasferta nel “suo” Friuli, passando per lo scudetto del ‘7o e della situazione attuale della Serie A.




Udinese-Cagliari vedrà affrontarsi due squadre libere da particolari assilli di classifica. Una partita che pertanto, almeno sulla carta, si presenta aperta e godibile.

Si, è vero. Udinese e Cagliari possono giocare queste restanti gare di campionato in serenità di spirito, condizione sufficiente per vedere delle belle partite. Anche se talvolta, purtroppo, si ha la sensazione che quelle squadre senza urgenze di risultato si adagino in un comportamento di attesa e di tran tran per tirare avanti fino alla fine. C’è però la necessità di rispettare i tifosi, perciò la speranza è che si affrontino con il giusto spirito agonistico.

Entrambe le squadre condividono il “problema” che accomuna almeno dieci squadre: un campionato ben delineato da qualche settimana e che vede la classifica spezzata in tronconi rischia di svuotare di interesse la Serie A?

Certamente, la classifica è ormai ben sezionata. Nelle zone alte ci sono quelle sette-otto squadre, ma le prime tre hanno creato un distacco difficilmente colmabile dalle altre. Poi, quest’anno in modo particolare, le ultime tre hanno reso ben presto priva di interesse la lotta per la retrocessione, anche se l’Empoli si è un po’ inguaiata e potrebbe essere risucchiata. A Natale, però, il capitolo retrocessione, tradizionalmente un capitolo importante ed interessante del nostro campionato, sembrava già risolto. Questo alimenta il discorso secondo il quale il campionato a 20 squadre non è sostenibile. Andrebbe limitato almeno a 18, se non a 16.

Certo è che con una riduzione delle squadre si avrebbe una maggior concentrazione di talento.

Maggior talento e di conseguenza maggior interesse per lo spettacolo. Troppe partite non hanno un interesse specifico, sia per le conquiste di alta classifica che per la bagarre nelle retrovie. E questo avviene troppo presto.

Cagliari, nelle ultime decadi, è stata una palestra per diversi tecnici emergenti: da Ranieri ad Allegri passando per Ventura, giusto per citarne alcuni. Come valuta il lavoro di Rastelli? Vede in lui le stigmate di un allenatore intrigante? 

Ha fatto molto bene. C’è stato un momento in cui anche il Cagliari sembrava un po’ in difficoltà, non tanto in termini di qualità di gioco e di manovra, quanto più sul piano dei risultati che non arrivavano. Poi Rastelli è riuscito a dare una fisionomia tattica alla squadra. E’ un complesso che va affrontato con molta attenzione perché può far male in qualsiasi momento. Borriello è certamente l’elemento di spicco ma sono diversi gli interpreti che stanno giocando una stagione ad alti livelli. Allo stato attuale delle cose, perciò, direi che la qualità della squadra e del lavoro di Rastelli è tale da poter essere valutata in maniera sicuramente positiva.

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Borriello è stato fin qui la punta di diamante dell’impalcatura rossoblù. In tal senso fa discutere l’ostracismo nei suoi confronti da parte del CT Ventura. Non è la prima volta che la carta d’identità frena la corsa all’azzurro di un giocatore protagonista di un’ottima stagione.

I rapporti tra i giocatori e gli allenatori, talvolta, non sono legati esclusivamente al rendimento, ma anche al comportamento del giocatore e al modo in cui si approccia. Qualcuno ha sottolineato certi atteggiamenti di Borriello non consoni ad una vita da professionista, accuse che il giocatore non merita. Il suo rendimento, poi, è sempre stato eccellente e quest’anno in particolare. Nonostante l’anagrafe che dovrebbe penalizzarlo, ha disputato un campionato strepitoso e continua a segnare con i ritmi di un ragazzino.

L’obiettivo neanche tanto nascosto del nuovo corso societario è quello di riportare – gradualmente – il Cagliari ad accarezzare sogni ormai lontani nel tempo. Lei raccontò uno dei punti più alti della storia rossoblù, semifinale Coppa UEFA Cagliari-Inter 3-2. Ritiene che il calcio moderno, segnato sempre più dai diversi budget a disposizione, permetta di riscrivere simili storie?

Teoricamente è possibile, ma è sempre più difficile. Indipendentemente dagli accorgimenti che si cercano di prendere, infatti, l’importanza dell’aspetto economico-finanziario sposta gli equilibri. E’ innegabile che il denaro stia diventando sempre più prevalente rispetto a tutto il resto. Credo, pertanto, che il gap tre le cosiddette grandi e le altre squadre anziché diminuire sia destinato ad aumentare sempre più.

Pochi giorni fa, i tifosi del Cagliari hanno celebrato l’anniversario dello Scudetto del ’70. Cosa rappresentò quel traguardo per lei e per il calcio italiano?

Credo ci siano due momenti di fondamentale importanza nella storia del calcio italiano: lo Scudetto del Cagliari e quello del Verona. Due traguardi fuori dalle possibilità di comprensione ed ipotesi, anche se quel Cagliari era una creatura straordinaria con un tecnico dal fascino unico e con molti giocatori di grandissimo livello, diversi dei quali, oltretutto, hanno eletto la Sardegna come propria patria putativa. Su tutti poi si elevava Riva, un giocatore straordinario il cui attaccamento alla maglia lo rese un punto di riferimento per un popolo intero. Ma lì il regista fu Scopigno, uomo di cultura e arguzia veramente uniche.  Sono quegli avvenimenti che restano nella storia, nella tradizione e nella cultura e che ci fanno sperare ricapiti qualcosa di analogo con una squadra non facente parte dell’aristocrazia del calcio italiano. 

Stefano Sulis




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