Tore Pinna: “La Torres non muore e la riporto in alto”

Lunga e bella intervista al capitano rossoblù: “Che dolore domenica, ma non moriamo!”

Tore Pinna, bandiera torresina (foto: SardegnaSport.com)

Tore Pinna, bandiera torresina (foto: SardegnaSport.com)

“L’uomo che combatte non perde mai” era solito dire Vincenzo Cosco, lo sfortunato molisano ex allenatore della Torres, venuto a mancare il 9 maggio 2015. A due anni esatti dalla morte il suo motto riecheggia sprezzante sopra la coltre di cenere e nebbia del “Vanni Sanna”. Rimbomba ruggente, rompendo gli argini dell’incertezza, spazzando via le scorie di un presente inglorioso, per far germogliare, con una tenera pacca sulla spalla ed una carezza rassicurante, la speranza. Parole, più che mai vive, che vorticano a mezz’aria, prendendo le sembianze di un simbolo, incarnandosi nella figura di un uomo divenuto, nel corso degli anni, bandiera.




Tore Pinna sarebbe piaciuto a Cosco. Come lui è un uomo che non ha mai smesso di lottare. Come lui ha tratto dall’inferno una goccia di splendore. Il fato avverso non spaventa chi è abituato a guardare in faccia la tempesta. Le avversità galvanizzano i migliori, forgiano il carattere e preparano la volata al successo. Per tale ragione, da sconfitto, rimane un vincente. Ritornato in maglia rossoblù nel corso della stagione dopo un decennio lontano dall’Acquedotto, in poco tempo ha restituito una risma ad un ambiente depresso. Lo guardi e pensi all’ultimo albero rimasto aggrappato alle pendici di una collina spoglia. Il vento lo incurva ma non lo spezza. Tore ha sempre odiato affidarsi a frasi di circostanza, non ha mai nascosto la sua natura. È rimasto fedele a sé stesso, con la verità. Merce in via di estinzione nel mondo del calcio.

“Per uno come me, mai retrocesso in campo, risvegliarsi dopo l’incubo vissuto ed iniziato domenica è un dolore assurdo”, dice con enorme disponibilità solo affievolita dalla voce ammaccata per la tristezza. “Il mio rammarico si unisce a quello dei compagni e di una società che ha fatto ogni tentativo possibile per agguantare la salvezza, mettendoci anima e cuore”. Una delusione ancora più grande se si pensa che Pinna lo aveva sempre dichiarato: “Ci salveremo sicuramente”, diceva nei post-partita. “Ci credevamo tutti quanti – dice a giochi fatti -. È stata una doppia mazzata perché, se ricordi, è trapelata la notizia che il Muravera aveva pareggiato all’ultimo momento. Abbiamo cambiato tre stati d’animo nel giro di pochi minuti. È stato un altro colpo al cuore che ci ha fatto male. La Torres è ferita ma non è morta!”

Da dicembre in avanti, con la cacciata di Piraino e soci e l’arrivo di Sechi, Carboni e altri personaggi con a cuore i colori rossoblù, è tornato il sostegno dei tifosi. “Abbiamo la fortuna di avere una curva eccezionale – dice Pinna, senza remore -. È una curva che non retrocede mai. Una curva che è stata sempre presente e ci ha aiutati in ogni momento e ha capito, soprattutto, che era una squadra di giovani che stavano dando il 100%. Son dei bravissimi ragazzi e purtroppo ci è mancata un briciolo di esperienza.”




Ad inizio estate il rientro nello staff tecnico come preparatore dei portieri, poi i guantoni da titolari con alcune prestazioni da urlo. Tore Pinna, a ben oltre quarant’anni, è ancora decisivo. “Ritornare al “Vanni Sanna” da giocatore della Torres è come aver fatto un salto indietro nel tempo. Un’avventura speciale e fantastica. All’inizio, senza la tifoseria dietro di me, non era la stessa cosa, domenica scorsa e per tutto il girone di ritorno ho visto il “Vanni Sanna” che avevo lasciato anni fa. Nel momento peggiore, più buio e duro, la Curva ci è stata ancora più vicina. Io e la società ci stringiamo in un coro unanime per dire grazie a tutti loro”.

Pochi dubbi su quello che sia il peggior momento di questa tribolata annata, ovvero quello che si sta vivendo in questi giorni, mentre il più bello “è stato contro l’Arzachena – spiega Pinna -, quando abbiamo dimostrato di avere enormi attributi. Il gap tecnico è stato colmato dal furore agonistico, dalla fame e dalla rabbia. Ad Albano Laziale avevamo sputato il sangue arrivando a vincere la partita. Abbiamo fatto il nostro e possiamo dire, a testa alta, che la Torres non ha regalato niente a nessuno”.

Un post-stagione che ha vissuto anche la polemica per le considerazioni del direttore sportivo Vittorio Tossi, apparse su La Nuova Sardegna lunedì. Ma Pinna taglia corto e chiarifica ogni cosa: “Ho parlato col direttore e non ha detto assolutamente queste parole – spiega – Ci è stato sempre vicino e sarebbe un pazzo a fare dichiarazioni del genere. Siamo una famiglia, siamo tutti sassaresi e non c’interessano le polemiche perché abbiamo sempre cercato di fare il bene della Torres. Sai benissimo che molte parole vengono fraintese. Con Vittorio c’è un rapporto di amicizia. Nella buona e nella cattiva sorte mi ha detto tutto in faccia. Aggiungo che le parole di Salvatore Sechi, passate, presenti e future, fanno capire come questo gruppo e questa realtà sia una vera famiglia”.

E proprio da Salvatore Sechi e compagnia si cercherà di ripartire subito, senza dilapidare il patrimonio di affezione e conoscenze (ri)costruito sotto Natale, quando la Torres era un cumulo di macerie. Ci sono sempre da affrontare debiti e criticità varie, c’è una Eccellenza da preparare in tempo e vincere per risalire immediatamente, c’è da lavorare per provare un miracolo ripescaggio che sarebbe oro colato. Discorsi sul futuro, che per Pinna non riserva dubbi: “Joggu ancora (lo dice orgogliosamente in sassarese, ndr), giocherò ancora e riporterò la Torres dove merita di stare. Non siamo abituati a lasciare le cose a metà e Salvatore è un uomo di poche parole che si affida ai fatti”. Più chiaro di così…

Fiorenzo Pala




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