Fluorsid, emerge anche l’accusa di truffa

Dall’ordinanza che ha fatto finire in carcere i vertici della Fluorsid emerge un capitolo denominato “La truffa in danno degli acquirenti nigeriani”

Gli stabilimenti Fluorsid a Macchiareddu

Gli stabilimenti Fluorsid a Macchiareddu

Emergono nuovi e incresciosi sviluppi legati alla bufera che ha travolto il gruppo Fluorsid negli ultimi giorni. Indiscrezioni che gettano ulteriori ombre sulle attività della compagnia. Se l’accusa era quella di “associazione a delinquere in disastro ambientale”, ecco che dall’ordinanza che ha fatto finire in carcere i vertici della Fluorsid, a pagina 91, emerge un capitolo denominato “La truffa in danno degli acquirenti nigeriani”.




Come riportato dal Gip e ripreso da Sardiniapost, la truffa riguarderebbe una compravendita del gesso inquinato, accertata dalla Procura di Cagliari mediante le intercettazioni, telefoniche e ambientali, “dalle quale si è acquisita ulteriore conferma sul fatto che tali sottoprodotti siano il risultato della miscelazione di rifiuti non più suscettibili di normale utilizzo commerciale”, scrive il Gip. Nonostante ciò “detti materiali sono stati venduti ad acquirenti ignari, anche extraeuropei, ai quali all’atto di acquisto veniva mostrato del gesso ‘buono’, appena prodotto nel corso della normale produzione Fluorsid, ma poi in sede di caricamento sulla nave veniva consegnato materiale estratto da Terrasili, miscelato a quello ‘buono’”. Ed è proprio a questa pratica che farebbe riferimento Alessio Farci, ingegnere responsabile della produzione arrestato due giorni fa, in un’intercettazione del maggio 2016.

Il Gip scrive ancora: “Analoghe operazioni sono state mese in atto anche nei mesi successivi, con protagonista sempre il Farci. Orbene al di là della truffa perpetrata contro gli acquirenti nigeriani, ciò che qui interessa è il materiale preso da Terrasili e definito da tutti i protagonisti della Fluorsid e delle ditte esterne di Bollani come ‘immondezza’, ‘merda’, ‘merderia’ ed espressioni similari. Materiale non certo rispondente alle qualifiche tecniche richieste per i gessi, tanto che per poterli spacciare agli acquirenti si rendeva necessario organizzare più volte quella messinscena emersa dalle conversazioni intercettate”.

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