Cagliari, l’analisi – Pareggio non sia il tappeto dove nascondere la copiosa polvere
Non sempre un punto guadagnato è salutare per una squadra. E’ il caso del Cagliari che si risveglia dopo il 2-2 preso per i capelli contro il Sassuolo. La classica frase fatta recitante “punto che fa morale e classifica” è bene lasciarla da parte, perché i rossoblù hanno ben poco da esultare e molto da lavorare, ammesso che basti. Per più di un’ora, diciamo fino agli ultimi 15′ di partita, il Cagliari ha offerto uno spettacolo deprimente, al cospetto di un Sassuolo gagliardo e ben messo in campo dall’ottimo Di Francesco (scuola Zeman, ma con più criterio). Sarebbe facile dire che tra i sardi non ha funzionato niente, ma forse il blackout non è né casuale né inaspettato, alla luce delle precedenti cinque uscite, in cui la vittoria scaccia guai contro il Torino e il pari di Roma avevano illuso un po’ tutti.
Il secondo tempo tutto cuore, agonismo e confusione ha rinviato la presa di coscienza degli enormi problemi strutturali che affliggono questo Cagliari. Parlare di assenze (Pinilla ed Ekdal) e infortuni (Ibarbo dopo una manciata di minuti) farebbe solo il male del Cagliari, perché si peccherebbe di superficialità e indulgenza improduttiva.
Per l’ottava volta il Cagliari ha subito gol su calcio piazzato, con gli avversari bellamente gioiosi nell’incornare alle spalle dell’Agazzi o dell’Avramov di turno. Non è un problema di portiere che non esce, né di difesa a zona o a uomo, visto che le segnature arrivano per i motivi più disparati: difensori immobili, cross a rientrare e ad uscire, “spizzate”, e chi più ne ha più ne metta.
Sembra davvero una questione di atteggiamento, di morbidezza che si ripercuote anche in altre situazioni di gioco. Come l’avventato controllo (che voleva essere) elegante di Astori alla base del raddoppio del Sassuolo. Il centrale di San Giovanni Bianco sta diventando un problema. La testa è altrove ormai da mesi, del Tedesco c’è solo il ricordo, rinviare ulteriormente l’addio rischia di creare problemi a tutti. Le valigie di Astori sono pronte già per gennaio, cosa farà Cellino?
Gli accorgimenti di Diego Lopez arrivano spesso in ritardo, anche se è bene ricordare come la mossa di spostare Pisano a sinistra con Dessena fluidificante dalla parte opposta è stata decisiva per recuperare. Il tecnico uruguaiano ha diverse attenuanti, in primis la scarsa brillantezza degli effettivi, ma latitano le idee, gli schemi studiati a tavolino. Tutto, nella manovra del Cagliari, appare improvvisato. Gli unici due tiri in porta visti domenica pomeriggio sono stati episodici, frutto della disperazione. Assalti di Dessena (grande cuore, applausi) a testa bassa, slalom gigante di un opaco (vedi Astori) Nainggolan, Cossu da “vorrei ma non posso” e il povero Nenè che ad un certo punto si è trovato ad essere destinatario del più classico dei “viva il parroco”.
Dopo Ventura, Mandorlini e Pioli, Lopez (classe 1974) è stato messo in difficoltà anche da Eusebio Di Francesco (1969). Allenatori che, a differenza del Jefe si mostrano capaci di plasmare la squadra, ripensare i moduli e rispondere alle pulsazioni delle partite. Il Cagliari, invece, resta annodato nello stantio 4-3-1-2 è soggetto all’inferiorità numerica in mediana come sulle fasce, mentre le punte vagano. Quando manca la follia di Ibarbo son dolori, basterà il messia Ekdal per ridare linfa?
Dopo la sconfitta contro il Bologna (31 ottobre) parlammo del bisogno di aria fresca per questa squadra. Necessità di idee nuove, rimescolamento generale che riguardi la filosofia e gli uomini. Serve progettare (ammesso che ve ne sia l’intenzione), rimandare all’infinito cullandosi su soddisfazioni effimere ed episodiche aumenta il rischio di spiacevoli risvegli.
Fabio Frongia (twitter: @fabiofrongia1)