… Tore Erittu: “A Parma mi sono ricostruito, ora mi prendo il titolo italiano”
Nello sport come nella vita, valori come l’umiltà, la convinzione in se stessi e soprattutto la forza d’animo sono caratteristiche che quasi sempre fanno la differenza. A maggior ragione nel pugilato, dove le botte si prendono, non solo dal punto di vista fisico, e ripartire non è sempre così semplice. È questo il caso di Tore Erittu, uno dei maggiori rappresentanti del pugilato sardo, che a breve, precisamente il 28 febbraio 2014, combatterà per il Campionato Italiano cruiser contro Maurizio Lovaglio presso il Pala Raschi di Parma.
Il pugile di Porto Torres nel corso di questi anni ha dovuto far fronte a diverse vicissitudini, come superare i ben noti problemi cardiaci, ma soprattutto ha dovuto far fronte alla scomparsa di colui che si può definire come il suo secondo padre, Alberto Mura, maestro di sport, ma soprattutto di vita. Questi spiacevoli eventi, uniti alla sua prima sconfitta in carriera contro il romeno Ilie, lo hanno portato ad un periodo di inattività prolungato, ma ora, grazie anche al sostegno di un altro pilastro della sua carriera pugilistica, Erittu sembra intenzionato a recuperare il tempo perso, a ripartire per l’ennesima volta e a prendersi oltre che il titolo italiano, anche una bella rivincita nei confronti di un recente passato davvero poco fortunato. Ecco perché, proprio nel periodo prematch, abbiamo deciso di recarci a Parma ad intervistarlo, tra presente e passato, tra curiosità e aspetti umani che spesso vengono tralasciati in questo affascinante sport.
Allora Tore, partiamo dal presente. Come procede la tua preparazione qui a Parma e l’avvicinamento al tanto atteso match contro Lovaglio?
Direi piuttosto bene. Come sempre svolgo la mia preparazione qui a Parma, agl’ordini del mio fedele maestro Maurizio Zennoni, che da sempre mi sostiene. Lui collabora con me da tempo, prima lo ha fatto in tandem con l’indimenticato Alberto Mura, e ora, in seguito alla sua scomparsa, mi segue in solitaria. Riguardo alla mia preparazione, sicuramente non si può ricondurre ai soli ultimi mesi, bensì è il frutto di una ricostruzione fisica e mentale del sottoscritto iniziata 7 mesi fa. In questo arco di tempo ho fatto 3 match, tutti e 3 vinti, dopodiché c’è stata la possibilità di entrare in classifica e di sfidare Lovaglio per il titolo italiano.
Perché hai scelto Parma?
Perché come località è perfetta, ha tutto ciò che mi serve per crescere. Anzitutto è la città del mio maestro, ma anche dal punto di vista climatico e geografico è davvero funzionale. Vado spesso ad allenarmi in montagna con Fragomeni e l’ambiente è tranquillo al punto giusto per concentrarmi adeguatamente. Oltretutto in palestra ho la possibilità di fare guanti con pugili di primissimo livello nazionale (Mandras, Modugno), il che non guasta mai, mi permette di tenere la concentrazione a livelli massimali. Come ben sapete poi, l’aspetto geografico non è da sottovalutare. Qui con la macchina sono ad un passo da Bologna, Milano e posso raggiungere pugili e altre strutture, cosa che la Sardegna non mi permette. Lì dovrei per forza spostarmi in nave o in aereo e la perdita di tempo sarebbe immensa.
Certo, capiamo perfettamente. Invece dal punto di vista strettamente tecnico e preparativo che cosa è cambiato? Hai avuto problemi e il periodo di inattività non è stato esattamente breve, hai modificato qualcosa nel tua consueta programmazione?
Si è lavorato principalmente dal punto divista mentale e motivazionale. Ho cercato si di ricostruire il fisico, ma soprattutto ho lavorato alla ricostruzione mentale che in questo sport è tutto. Ho 33 anni, non sono più un ragazzino, non vi nego che anche il fisico doveva essere in qualche modo curato. Durante il periodo di inattività mi ero stabilizzato sui 102/103 kg, ora peso 90/92. La tecnica, quella c’è già, si lima e affina in palestra, aveva bisogno solo di una “rispolverata” se così si può dire.
Approfondendo l’aspetto mentale, che nello sport è essenziale, forse più importante di quello fisico, ti chiediamo: cosa comporta allenarti con i migliori, con persone che hanno vinto tanto come te e che sono costantemente affamate di successi? Sicuramente per te sarà uno stimolo immenso. Cosa cerchi di “rubare” a loro?
Domanda difficile, ma davvero interessante, complimenti. Io credo che il 70 % di un pugile lo faccia la testa. Perché? Perché comunque l’autostima è tutto nello sport e nella vita. Nel momento in cui uno si allena con persone che hanno vinto titoli nazionali, europei e mondiali la voglia sale, soprattutto se noti come si atteggiano e con quale cattiveria sportiva vogliono conseguire i loro obiettivi. Io mi alleno spesso con Fragomeni, che di soddisfazioni se ne è tolte tantissime e non è più nemmeno giovanissimo, ma nonostante questo ha una serietà, una assiduità da far paura. Lui è l’esempio lampante. Ma anche l’ambiente e il maestro fanno la differenza. Questo per me è il segreto più grande, lo stimolo che mi porta a dare il 110 % e a farmi rendere conto che se voglio posso dare ancora tantissimo a questo sport e togliermi immense gioie.
Il pugilato è uno sport di grande impatto fisico, ma certamente di grande rispetto e lealtà. Cosa pensi del tuo imminente avversario? Tecnicamente ed umanamente, visto che vi conoscete già.
Sicuramente ho grande stima del mio avversario. Ho avuto spesso occasione di vederlo e lui spesso ha visto me. Come pugile e come uomo ho molto rispetto nei suoi confronti. Tecnicamente è molto dotato, ma io ho la consapevolezza che il pugilato lo so fare, sono preparato e sono convinto che sarà un grande evento e un grande spettacolo per chi assisterà al match. Sinceramente ho tanta fame di vittoria e credo che questo possa far pendere l’ago della bilancia a mio favore.
Giustamente ti ritieni molto preparato tecnicamente. A tal proposito, senza fare paragoni scomodi, cosa pensi sia cambiato nel metodo di allenamento tra Mura e Zennoni? In che cosa hai notato somiglianze e in cosa discostano?
Alberto aveva una grande personalità, un grande carisma, aveva un modo tutto suo di vedere il pugilato. Era un artista oltre che un maestro di vita. Maurizio Zennoni, invece, ha sempre prediletto curare più l’aspetto tecnico. Ma la verità è che il progetto è nato assieme, quando loro lavoravano in squadra, essendo due grandissimi professionisti, riuscivano a sintetizzare perfettamente il tutto.
Una vera e propria squadra.
Esatto, ma non è che uno si occupava dell’aspetto tecnico perché l’altro non lo sapesse fare. Eravamo un team affiatato. Ora che Mura non c’è più, certo che la sua mancanza si sente, ma se sono ancora qui lo devo certamente anche al grande Zennoni. Del resto si sa, non voglio dire frasi scontate, ma è la verità: dietro ai grandi risultati ci sono persone eccezionali e loro lo sono.
Riguardo al futuro a lunga scadenza. Che progetti hai oltre alla palestra già aperta? Sai di essere un esempio per molti giovani pugili sardi, non soltanto dal punto di vista sportivo ma anche umano?
La palestra per me è il futuro. Nel senso che realizza tutto ciò che vorrei fare nei prossimi anni. So di essere stato fortunato, ma voglio rendere partecipe di questa fortuna anche i ragazzi isolani che amano questo sport. Vorrei trasmettere loro tutto ciò che hanno sempre insegnato a me: valori come rispetto, sacrificio, lealtà, cose che secondo me mancano in questa società. Io sono sempre cresciuto con queste basi. Una frase che diceva sempre il mio maestro è: “Nella vita hai sempre tutto da guadagnare o tutto da perdere, sta a te”. Ed effettivamente è così. Vorrei che i ragazzi capissero che nessuno ti regala mai niente e che il sacrificio è tutto. Un po’ come sul ring, quando sali sei solo tu contro il tuo avversario: se dai tutto vinci, altrimenti soccombi.
Un progetto che vuole coniugare sport e sociale dunque. Chi c’è al tuo fianco in quest’avventura?
Ho al mio fianco il maestro Gavino Mura che ci tengo a citare perché crede in quello che faccio e mi spalleggia in tutto, Claudio Iannarelli che è un aspirante tecnico e mia sorella che mi dà una grossa mano. Siamo una vera famiglia. Non ho creato “Salvatore Erittu”, ho creato un team, una squadra. Oltretutto ho aperto una società a Latte Dolce, dove spero di poter dare un punto di riferimento e un aiuto a molti ragazzi che hanno voglia di mettersi in gioco.
Per concludere vorremmo fare una piccola digressione dal pugilato, perché sappiamo che comunque eri, e sei, anche un ottimo calciatore. Hai mai pensato che il calcio potesse essere il tuo sport prediletto o che potesse darti da mangiare un giorno?
Non tutti approfondiscono questo aspetto, però è vero non ero male. Ho giocato in Promozione e segnavo anche parecchi gol. A dire la verità ho avuto anche un ottimo trascorso a calcetto, facendo parte della Rappresentativa Sarda. Per lo sport son sempre stato propenso. Riguardo al fatto che potesse prendere il sopravvento nei confronti del pugilato, questo no e ti spiego anche il perché. Sul ring sei solo, a calcetto o a calcio sei in squadra. Non che questo non mi piaccia, ma l’adrenalina che ti dà il fatto di essere solo e che tutto dipenda solo ed esclusivamente da te mi ha sempre affascinato. Non so se sia perché ho una discreta personalità o perché semplicemente amo il rischio, però emergere singolarmente ha tutto un altro gusto. Un domani poi non ti nascondo che possa ritornare a giocare a calcio amatorialmente, sono ancora giovane, ma ad oggi il mio unico obiettivo è il pugilato, è riprendermi questo titolo, è scoprire il mio vero limite. Una volta che lo avrò scoperto, lascerò e appenderò i guantoni, ma credo davvero che questo momento sia lontano.
E queste tue dichiarazioni penso siano davvero di buon auspicio per la tua carriera e per l’imminente incontro, perché vuol dire che la fame è tanta. Grazie mille e un grosso in bocca al lupo per il match.
Filippo Migheli