Cagliari, la fortuna premia gli audaci, e punisce gli sciuponi
Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Premessa, la più banale possibile, da fare prima di intraprendere un viaggio a ritroso in questo campionato del Cagliari. Un cammino in cui è andato male tutto ciò che poteva andare bene, tra sfortuna, errori del portiere, gol sbagliati, errori arbitrali sfavorevoli (pochi) e infortuni di qualunque genere. Perché se in quella maledettissima prima ora di gioco contro la Fiorentina Cragno fosse stato più attento sulla punizione di Mati Fernadez e Farias non avesse sbagliato l’impossibile, adesso, con tutta probabilità, parleremo di un’altra stagione.
Zdenek Zeman non è un utopista e non è un profeta, ma piuttosto un ingegnere. Uno che gioca con il 4-3-3 perché “è il modo più razionale di coprire il campo”, convinto sia scientificamente provato che gli inserimenti dei centrocampisti, liberati dal movimento degli attaccanti, e serviti in verticale, porti sempre occasioni da gol. Il boemo è essenziale, non è complesso il suo calcio, i gradoni e le doppie sedute corrispondono alla costruzione di quelli ingranaggi che andranno a comporre la macchina di gioco che lui pianifica nel dettaglio prima di ogni nuova avventura, i gettoni che ti permettono di fare un giro su zemanlandia. Anche in Sardegna è stato così, lo si è visto subito contro l’Atalanta, nella prima in casa: una partita che i rossoblù hanno dominato in lungo e in largo, ma che non sono riusciti a vincere, la prima di una serie di occasioni sprecate che farebbe rabbrividire chiunque. Prima Sau, poi Farias (a cui è stato annullato un gol), poi di nuovo Sau con un diagonale salvato sulla linea da Biava, passando da Dessena, che sbaglia un gol più facile da fare che no, e che perdendo una clamorosa palla a centrocampo regala il gol del raddoppio all’Atalanta. Finirà 1-2, con i sardi soddisfatti per il gioco espresso, ma a mani vuote, e i bergamaschi entusiasti di aver portato a casa i tre punti concludendo due volte in porta e subendo gli avversari tutta la partita.
Un campanello d’allarme, sottovalutato, ritenuto una casualità, ma che con il senno di poi diventerà routine. La dea bendata ha, però, anche deciso di illudere, delle volte. L’ha fatto con l’Inter, una squadra in crisi, che a metà prima tempo si è vista espellere Nagatomo ed è affondata sotto colpi di un Cagliari bello e fortunato. Prima dell’impresa di San Siro ci furono Roma e Torino, due prove opache di una giostra che ancora scricchiolava. Il momento di creare continuità dopo i quattro gol ai nerazzurri è arrivato contro il Verona, ancora in trasferta. Un primo tempo dei rossoblù formidabile, “il migliore visto finora in questa Serie A” disse Sacchi a fine partita. Ma che si è concluso a reti bianche, perché? Chiedetelo a Ibarbo, che tra parate su tiri a botta sicura ed errori a porta vuota ha quasi stabilito un record. Inutile dire che i veneti hanno portato a casa tre punti con un gol allo scadere. Altro gettone, altra corsa, altro spreco, altri rammarichi.
Gagliarda la prova con la Sampdoria, un 2-2 in rimonta che stavolta non delude nessuno. Contro il Milan, invece, l’ennesima beffa. Grande inizio di partita, rossoblù in vantaggio con Ibarbo, il quale poco prima si era fatto murare da Rami un tiro indirizzato nella rete sguarnita. Il pareggio milanista arriva sull’unica (mezza) occasione della loro gara: un cross sbagliato di Bonaventura che trova spiazzato Cragno insaccandosi in porta. Basterà quello ai ragazzi di Inzaghi per portarsi a casa un punto sofferto e poco meritato. La fiducia rimane, ma i campanelli di allarme si fanno sempre più assordanti, il calcio, si sa, non perdona chi è troppo sprecone.
Con l’Empoli è zemanlandia, con il Napoli anche. Nel mezzo tra le due gare il decisivo infortunio di Sau, faro dell’attacco fino a quel momento e due prove particolari: una con la Lazio, nella quale Ekdal e compagni possono recriminare per essere stati ad un passo da una grande rimonta, ma allo stesso tempo non possono pensare di non aver meritato la sconfitta. E una con il Genoa, finita in pareggio, dopo la superiorità numerica, un rigore parato da Perin e un gol mancato a porta vuota da parte di Longo che è ancora negli occhi dei tifosi presenti in curva nord. E se non bastasse, è giusto far presente che l’1-1 del Grifone è arrivato su un autogol di Rossettini. Tre punti che tutt’ora gridano vendetta.
Con la Fiorentina il patatrac, uno 0-4 che è poco veritiero: perché Cragno si sia fatto infilare in quel modo sul primo gol e come sia stato possibile vedere tutti quei tiri regalati alla curva da due passi, rimangono misteri irrisolti. Il fondo è toccato, con il fuoco non si scherza, dopo una decina, per essere magnanimi, di punti sprecati, la dea bendata decide di salpare definitivamente dall’isola, abbandonando i rossoblù al loro destino.
Chievo, Parma e Juve sono un disastro, non ci sono scuse, né niente da recriminare. C’è solo da mettersi le mani nei capelli, o eventualmente, se non ce li hai, come Giulini, esonerare l’allenatore. L’errore più grande, sempre con quel irrazionale senno di poi. A gennaio con Zola in panca ecco gli ottimi acquisti, tra cui un portiere di grande esperienza, dopo la catena di errori targati Cragno e Colombi. E due vittorie figlie di prove ciniche, per la prima volta in casa: contro il Cesena e il Sassuolo.
La gioia però dura poco, tutto torna normale con la Roma, ci pensa Cop a gettare al vento due occasioni d’oro ed a far riaffiorare i vecchi fantasmi al “Sant’Elia”. Che i giallorossi non vincevano da quattro giornate di campionato ed erano in emergenza tra infortuni e coppa d’Africa è superfluo scriverlo. Prima di questa sconfitta era arrivata la debacle all’ultimo secondo contro l’Atalanta e con essa la fine di ogni prestazione positiva, condannando l’ex Chelsea ad un inevitabile esonero.
È storia recente il ritorno del boemo, e con lui la sfortuna. Il fantastico primo tempo con l’Empoli e i pali di M’Poku e Joao Pedro, con l’immancabile gol allo scadere, frutto anche di un’uscita sciagurata del portiere, assomigliano ad un replay di qualche gara di inizio anno. Il rigore inventato su Cerci, pochi istanti dopo la traversa colpita da Pedro, che ha definitivamente chiuso la gara con il Milan, è la ciliegina sulla torta.
Il prossimo turno arriva la Lazio, la squadra più in forma del campionato. I ragazzi di Pioli riescono a creare tante palle gol, mentre ne concedono veramente poche agli avversari. Tuttavia amano giocare a viso aperto, e ciò notoriamente rappresenta una buona cosa per le squadre di Zeman. Qualche opportunità ci sarà, ma non sfruttarle subito al meglio, quando la Serie B è ad un passo, equivarrebbe a mancare l’approdo nell’ennesima ultima spiaggia.
Testa a sabato e niente lacrime sul latte versato, dunque. Anche perché nel caso siate tifosi e decidiate di calcolare i punti lasciati per strada dal Cagliari, oltre che di versare lacrime, correte il grosso rischio di perdere il sonno.
Oliviero Addis
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