Parola a Tore Pinna: “Che emozioni a Mestre, quanta rabbia nel vedere la Torres coinvolta in certi affari”

Tore Pinna con la maglia della Salernitana (foto:www.salernogranata.it)

Tore Pinna con la maglia della Salernitana (foto:www.salernogranata.it)

“Esordii a quindici anni in Prima Categoria con la maglia dell’Esperia Sorso. Arrivai in prestito dal Sorso e collezionai 22 presenze grazie ad Antonello Cossu, Piermario Fenu e Antonello Santoni” Inizia così la carriera di Salvatore Pinna, nato a Sorso il 23 agosto 1975, bandiera ed ex capitano della Torres. Personaggio di un calcio che non c’è più, abbiamo avuto l’onore e il piacere di fare una lunga e piacevole chiacchierata con quello che tutti, a Sassari e non solo, conoscono come “Tore”.

Partiamo da lontano. L’esordio in un campionato nazionale è datato 1994. “Arrivai a Castelsardo insieme ad Antonio Langella e un buon gruppo di ragazzi di Sorso, ci segnalò mister Antonello Muroni. Giocai per quattro anni in una serie D tosta nella quale militavano squadre come Borgosesia, Fanfulla, Derthona e Sparta Novara. Ci salvammo sempre, raggiungendo gli obiettivi prefissati dalla società”

E’ stato importante farsi le ossa nelle categorie minori? “Sono un giocatore che ha visto la “fame”, arrivando da lontano ho dovuto zappare, nessuno ci pagava o regalava niente. Ho avuto la fortuna di aver lavorato con due allenatori speciali come Bernardo Mereu, che già giocava il calcio di oggi, e Marco Sapochetti (ex portiere di Olbia e Carbonia), sia come preparatore dei portieri che come tecnico in prima squadra: due persone con le palle”

L’intenzione sarebbe quella di lasciare l’ampia parentesi sassarese per il finale dell’intervista, pertanto proviamo a proseguire chiedendogli  della sua esperienza in Puglia, la prima fuori dalla Sardegna. Ma Tore Pinna è lontano dai canoni standard fatti spesso di banalità e frasi fatte, tant’è che ci interrompe subito:“Non dimentichiamocene, tra la Torres e il Taranto ci fu Matteoli…” Gli chiediamo a cosa si riferisca e lui orgoglioso risponde in anticipo a una domanda che gli avremmo posto più avanti: “Avevo già un contratto in Serie A con il Cagliari, ma ho detto no: per la maglia. Mi sarei sentito una merda (letterale,ndr), dopo tanti anni trascorsi con la fascia di capitano della Torres. Avrei guadagnato il doppio rispetto allo stipendio percepito a Sassari, molti mi hanno detto che non avrei dovuto rifiutare quell’offerta ma non ho rimpianti. Non sono i soldi che fanno l’uomo, ancora oggi porto avanti certi valori”

Taranto, in rossoblù solo sei mesi, come mai? “Iniziai molto bene, purtroppo fui vittima di “un gioco di prestigio”. A gennaio venne ingaggiato un giovane portiere dal Genoa per risparmiare sul mio stipendio. Sui giornali apparse la falsa notizia di una mia presunta nostalgia della Sardegna e fui costretto ad andare a Grosseto. Lasciai un buon ricordo comunque, pensa che un giorno mi chiamò, casualmente, un tifoso del Taranto da un call center e parlammo di calcio dimenticando completamente il prodotto che avrebbe dovuto vendere”

Con mister Cuccureddu fu subito un trionfo. “Non presi mai gol (ride, ndr). Una bella squadra, vincemmo campionato e Supercoppa di categoria. L’inizio non fu facile, i tifosi toscani si ricordarono di quando slegai la loro sciarpa, a casa loro, dalla rete della porta. Mi rinfacciarono questo episodio ma poco dopo guadagnai il loro rispetto durante un derby col Pisa; i supporters ospiti lanciarono una bomba carta e un raccattapalle fu vittima di un malore. Se avessi potuto sarei entrato nel settore ospiti per regolare i conti. Oltretutto vincemmo 2-0 dopo anni di scoppole”

A Grosseto,  così come a Pescara, trovasti come compagno di squadra quel Sansovini che non brillò a Sassari. Era troppo giovane? “Marco è migliorato con gli anni ma c’è da aggiungere che per lui sono una sorta di gatto nero. Giocammo assieme per più anni e lui, in quelle stagioni, segnò sempre poco”

Vittoria e cambio di casacca. Ecco Salerno. “In granata feci parte di una compagine costruita per vincere e composta da giocatori importanti per la categoria, come Arturo Di Napoli e Mauro Milanese. Amo le piazze calde, bollenti direi: dopo un derby perso col Sorrento andammo via con la scorta e con i blindati. In quell’anno di C1 passammo 130 giorni, non consecutivi, di ritiro ma fortunatamente, con una vittoria per 2-0 nella quale parai un rigore a Sansovini, ci guadagnammo la cadetteria. Con noi anche un giovanissimo “scugnizzo”: quel Raffaele Imparato visto a Sassari, un cagnaccio”

Tore Pinna, qui al Taranto

Tore Pinna, qui al Taranto

Confermato a Salerno, dopo una salvezza abbastanza tranquilla in B, il ritorno al centro della penisola con la maglia del Pescara. “Mi richiamò Cuccureddu che, nonostante un inizio brillante, fu esonerato nonostante si trovasse al secondo posto.  Subentrò quell’Eusebio Di Francesco che un po’ di strada l’ha fatta. Vincemmo la finale play-off col Verona; ricordo benissimo i 30000 del “Bentegodi” e l’arrabbiatura per il gol del 2-2 subito nel finale, che però non ci impedì di ottenere la promozione con la vittoria all’Adriatico firmata Ganci”

L’anno dopo, sempre in Abruzzo, la consacrazione. “Ottenemmo una salvezza tranquilla e vinsi il premio di miglior giocatore biancoazzurro per due stagioni di fila. Eppure, anche li, dovetti discutere con i tifosi; non digerivano il mio passato a Salerno, ma li convinsi ad aspettare le mie prestazioni sul campo prima di esprimere giudizi affrettati. Iniziai a conquistarli parando un rigore in casa del Giulianova”

Chi ti conosce, ti racconta come uno poco mondano. “Sono uno un po’ più rustico di un tipico calciatore professionista (ride, ndr). I miei compagni andavano sempre nei locali in, io mangiavo spesso in un ristorante nel quale lavoravano molte persone in gamba. Spesso, dopo cena, andavo con loro in un pub li vicino”

A Pescara hai sfiorato Zeman. “Mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Mi dissero che gli piacevo, amo giocare con i piedi. Purtroppo una persona a stretto contatto con la società, forse geloso per il rispetto guadagnato nell’ambiente, non rappresentò per me un buon sponsor tant’è che non arrivò il rinnovo di contratto. I tifosi mi volevano bene e contestarono la mia mancata conferma, ciò nonostante andai in scadenza e rimasi senza squadra”

Con te anche un altro calciatore sardo che forse poteva fare di più: Francesco Dettori. “Il Pescara prese Ariatti e lui finì al Chievo, senza di fatto mai giocare. Lui, così come anche Tore Carboni, avrebbe meritato di più ma quando si arriva a un certo livello subentrano procuratori e direttori sportivi. Ci vuole “fortuna” “

Dulcis in fundo: ampio capitolo Torres. “M’innamorai di quella squadra negli anni ’80, quando in porta giocava Sergio Pinna. In un derby col Sorso (1-0 per i sassaresi il finale) mi dissi: un giorno sarò il portiere della Torres, e così fu” Cambia il tono di voce quando si parla del rossoblu sassarese. “Arrivai nel ’98, contattato dall’ex dirigente Paolo Sanna per poi essere visionato dall’allenatore Alberto Mari. Era la Torres di Francolino Fiori e di “quel cane di Fabio Chessa”. Ricordo ancora la rissa post incontro col Baracca Lugo, non finì 0-0 come sul terreno di gioco, qualcuno mise le scarpette alle mani”

L’anno dopo la promozione in terza serie. “Lo 0-3 di Mestre è un qualcosa di indimenticabile, ci regalò la vittoria finale. Avevamo bisogno dei tre punti, il Rimini, secondo in classifica, vinceva a Tempio. Non dimenticherò mai la voce di Lucio Masia (telecronista di quegli anni, ndr): “Cos’ha fatto Tore Pinna, cos’ha fatto Tore Pinna…”. Feci tre parate consecutive nella stessa azione dopo che all’andata feci qualche paperella di troppo. Da li in poi sei anni di C1 fatti di tanta sofferenza, campionati nei quali si è lottato per la salvezza esclusi quelli del 2000/01, quando perdemmo ad Ascoli e ci giocammo la possibilità di disputare i playoff, e il fatidico 2005/2006, quando con Cuccureddu in panchina perdemmo la semifinale degli spareggi contro il Grosseto. Ho comunque condiviso lo spogliatoio con grandissimi giocatori. I migliori? Francolino Fiori, uno degli attaccanti più forti che abbia mai visto, Evacuo, uno che segnava anche col fondoschiena, e Luca Amoruso. Mi piace ricordare due grandi preparatori come Mario Pompili e Giovanni Lungheu”

Storico rapporto con la Curva Nord, anche a Sassari sei riuscito a farti voler bene “Con la maglia della Torres sono stato più tifoso che giocatore, ogni tanto mi è capitato di lasciarmi andare a qualche comportamento discutibile. Mi porto dentro ricordi indelebili di gente che mi ha voluto e mi vuole bene. Rispetto molto la loro costanza nel presenziare alle trasferte senza mai chiedere un euro alla società, la tifoseria sassarese era conosciuta in tutta Italia. Purtroppo questi sacrifici non sono stati ripagati a sufficienza”

Tore Pinna con i suoi colori preferiti indosso (foto:www.tuttocalciatori.net)

Tore Pinna con indosso i suoi colori preferiti (foto:www.tuttocalciatori.net)

Arriviamo ai giorni d’oggi. La Torres attende, a giorni se non a ore, le decisioni di Palazzi nell’ambito dell’operazione “Dirty Soccer”. Che idea ti sei fatto di tutta questa situazione? “Non conosco i signori coinvolti nella vicenda, non so neanche chi siano; di certo sapranno se la loro coscienza è pulita o meno. Da torresino, provo rabbia nel vedere la mia squadra del cuore coinvolta. Bisognerà comunque aspettare le sentenze, se Palazzi opterà per la retrocessione avrà le prove che motiveranno tale decisione”Qualcuno proclama l’innocenza dei vari tesserati coinvolti, qualcun altro, indipendentemente dalla pena, vede il solo coinvolgimento come una macchia difficile da lavare. Come ti poni a riguardo? “E’ una domanda difficile e, sinceramente, preferisco non rispondere”

Non molto tempo fa si è parlato di un possibile coinvolgimento di alcune vecchie glorie nella ristrutturazione del settore giovanile; Frau e Pintauro hanno ricevuto un incarico. “Bisognerebbe avere un po’ più rispetto nei confronti di certe figure, a Sassari non succede mai” Sembra che Udassi non sia riuscito a trovare un accordo “Conoscendo la persona e il suo amore per la squadra della sua città, mi sembra strano non si sia riusciti a trovare un accordo con Stefano, non credo abbia preteso la luna. Noi siamo gente che ha dato tutto per la Torres, evidentemente questo da fastidio. Penso a me, Marco Sanna, Walter Tolu, Sergio Pinna, se ci avessero preso in considerazione le cose sarebbero andate diversamente. La buona volontà, da sola, non basta, ci vuole esperienza e preparazione”

Ti riferisci solo alla gestione Capitani o anche a qualcuna precedente? “Nessun riferimento particolare, molte società non capiscono l’importanza di poter collaborare con ex giocatori, o comunque con figure che conoscono bene l’ambiente e tutto ciò che lo circonda”Come vedi la Torres nei prossimi anni? “Non vedo un futuro roseo. Il presidente Capitani è solo e, per quanto non esente da colpe, gli va riconosciuto il merito di aver fatto sopravvivere la Torres” Da cosa dipende questa solitudine? “Nessuno vuole più investire nel calcio, oggi è solo una spesa. Servirebbe un progetto in stile Dinamo, Sardara è stato abile a riunire molti sponsor e altrettanti imprenditori”

E Tore Pinna cosa farà da grande? “In questo momento sono saturo di calcio. Il ritorno al dilettantismo, dopo tanti anni, mi ha fatto conoscere personaggi ambigui e poco ambiziosi dai quali partono promesse non mantenibili. Eppure mia moglie, ex giocatrice di basket, mi aveva detto di smettere di giocare al momento dell’uscita dal mondo dei professionisti. Non l’ho ascoltata, mannaggia a me”

Mauro Garau

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