Lo spartito zemaniano è per gli eletti: Cagliari, imparerai a suonarlo

Zdenek Zeman (FOTO: GIOVANNI BRAU / SARDEGNA SPORT)

Zdenek Zeman (FOTO: GIOVANNI BRAU / SARDEGNA SPORT)

I sei personaggi pirandelliani erano in disperata ricerca d’autore. I rossoblù scesi in campo a Reggio Emilia, invece, l’autore ce l’hanno, ma ancora evidentemente non ne comprendono il linguaggio. Nel fu Giglio dell’ambizioso Franco Dal Cin di metà anni Novanta (a tal proposito: incessanti le polemiche che vertono attorno allo stadio, con i reggiani di fatto privati della loro casa che meditano di tornare al Mirabello e con i sassolesi che cantano “questo stadio non ci appartiene”), è iniziato ufficialmente il campionato del Cagliari e, trattandosi di una trasferta e pur sempre della prima giornata di campionato, il pareggio lo si deve registrare come un risultato comunque positivo. Eppure il risultato è l’unico dato da salvare, in una serata che riconsegna alla Sardegna un Cagliari, per sette undicesimi uguale a quello visto e poco apprezzato lo scorso anno, ancora in cerca di comprendere cosa chieda il suo nocchiero e come si traducano nel gioco del calcio le sue indicazioni.

Non è il caso tuttavia di agitare campane e campanacci, perché non ci vuole un esperto (!) di calcio per comprendere che Conti e i suoi compagni al debutto ieri non possano, in quanto squadra, che migliorare con il passare delle settimane. Il Cagliari si trova ancora a un grado zero della sua evoluzione, dove appunto è importante essere consapevoli di non poter fare di più di quanto visto, al fine di evitare tormentati (a posteriori) tracolli. Sono piaciute, al netto di tutto, la voglia e l’intenzione di attaccare la porta avversaria, benché abbia un po’ deluso le attese la magra statistica alla casella tiri in porta. Gol a parte, unica conclusione pericolosa che ha dato senso al vestimento dei guantoni dello scaligero Pomini è stata quella di Avelar, che poco dopo ha provato a replicare alzando però un po’ troppo la mira. Peccato. Un vero e proprio impianto di gioco, ad ogni modo, non si è visto e non ha incoraggiato la scarsa capacità di dialogare tra reparti e compagni di reparto. Cossu è andato a intermittenza, ma i periodi di buio sono dipesi anche dalla latitanza continuata di Farias e da un’intesa con Sau che avrebbe dovuto tenere in piedi l’efficacia offensiva della manovra. Risultato? Molta confusione, altrettanta improvvisazione e quei lanci lunghi dalla difesa che denotano pochezza di idee e annoiano persino il bambino che mette per la prima volta piede in uno stadio.

La linea mediana è apparsa ancora un po’ macchinosa e senza la gamba giusta per garantire il controllo del centrocampo. Se Conti ha svolto il suo, forte dell’esperienza e di quella calamita sul piede che gli permette di gestire con sapienza qualsiasi situazione, Crisetig ed Ekdal sono andati spesso fuori giri. Ottimo l’impegno, da trovare passo e precisione. In generale però, se il giovane scuola Inter maturerà la giusta personalità per tempo, il trio può dare soddisfazioni. Che – ahinoi – non arrivano certo dalla difesa, una catena dalla maglie piuttosto larghe e fragili. Esterni a parte – discreta la prova di Balzano e Avelar – il reparto dei centrali è sembrato sempre sul punto di combinarla grossa, con Rossettini che ha bagnato un esordio all’insegna di una sequela di disimpegni errati che potevano costare caro. In coppia con Ceppitelli si raddoppia la lentezza nei movimenti di tutto il reparto e quando mancano anche tempismo e senso dell’anticipo tutto si complica notevolmente. Anche per questo motivo, oltre che per l’atteso divertimento a cui Zemanlandia ha abituato, sarà importante oliare al meglio i meccanismi là davanti per rispettare l’ortodossa e infallibile regola del calcio: vince chi fa un gol in più. Perché Zaza e Berardi saranno pure bravi, ma in giro – in questa fiera della mediocrità che risponde al nome di Serie A – c’è comunque di meglio. Ad oggi abbiamo un Cagliari tornato ai banchi di scuola: si tratta “solo” di imparare a suonare il nuovo spartito. E per farlo bisogna crederci.

Matteo Sechi

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