Prestazione non casuale, risultato nemmeno. Cagliari: tutti dietro la lavagna

Zdenek Zeman, sotto la sua guida il Cagliari non ha mai vinto al "Sant'Elia"

Zdenek Zeman, sotto la sua guida il Cagliari non ha mai vinto al “Sant’Elia”

Viene da chiedersi se lo faccia per abitudine, perché ci creda davvero oppure per infondere carica a un gruppo che trascina a fatica il proprio morale sotto i tacchi. O ancora per provocare e rispettare il copione del suo personaggio, sempre deciso ad andare sopra le righe e controcorrente. Fatto sta che dopo la sesta sconfitta casalinga della sua gestione che sconsolatamente consta ancora di un amaro zero alla voce vittorie, lui, il boemo acclamato a gran voce per ridare dignità e speranze dopo la fugace era Zola, con la solita flemma si è detto “contento di aver messo in difficoltà una delle migliori squadre d’Italia” e sicuro che “il Cagliari ce la farà perché le sensazioni si basano sulle prestazioni e quelle sono positive“. Inevitabile restare perplessi, anche perché parole simili, dopo lo 0-4 patito contro la Fiorentina, gli costarono fiducia e credibilità agli occhi della dirigenza. Superfluo sottolineare che, malgrado lo sconcerto, la speranza è che abbia ragione lui.

SI SPROFONDA. Sembra di ascoltare però un disco interrotto, che ha preso a girare lo scorso settembre e che da allora non ha conosciuto variazioni significative, intermezzo di Zola compreso. Oggi il Cagliari, escludendo dal computo il derelitto Parma, è sostanzialmente ultimo in classifica, scavalcato anche dal Cesena, che tra le tre squadre in corsa per la salvezza è certamente in questo momento quella che più merita la permanenza in Serie A. E solleva non poche perplessità accostare questo ritornello alla posizione in classifica. Va bene che la prestazione non è mai casuale, ma nemmeno il risultato lo è se si ripete sempre uguale. Questo è il responso del ventinovesimo turno di campionato: sardi e lombardi in coma, romagnoli mai domi. La ghigliottina della matematica non taglia tuttavia le teste dei condannati e per questo da martedì potrà riprendere la filastrocca delle nove partite da giocare e dei 27 punti a disposizione.

 

 

DIFESA, IL SOLO MARCHIO ZEMANIANO. In attesa che dall’empireo qualche dio del calcio decida d’intervenire in difesa della spuntata armata rossoblù, oggi il Cagliari si consacra come la peggior difesa del campionato. Peggio anche del Parma, che con la forza dell’orgoglio ha strappato un pari a San Siro contro l’inter. Difesa, però, non tanto intesa come reparto e interpreti, ma come capacità di proteggere da squadra la propria porta, di frenare attacchi e attutire sberle avversari. Di giocare una partita di Serie A per 90′. Come i pugili alle prime armi, la banda di Zeman gioca con l’autorità dell’inesperto: tanta buona volontà a cui raramente si accompagna la giusta perizia che serve all’offensiva. Un difetto che invalida direttamente il precetto che vuole che la miglior difesa sia sempre l’attacco e che si trasmette senza soluzione di continuità all’inefficiente pacchetto arretrato. Pungolante come una piuma, solido come il burro sotto il sole cocente. Il sottotesto dello spettacolo offerto del Cagliari è un malinconico: “Vorrei un qualcosa, ma non ricordo cosa e non so come si fa”. A mancare, qualsiasi undici si schieri, è la consistenza. Qualcosa su cui a primavera inoltrata sarà davvero difficile intervenire. Anche se Tommaso Giulini, si legge sulla Gazzetta dello Sport, prova con decisione a spronare i suoi ragazzi: “I giocatori si prendano le loro responsabilità e vincano con il Genoa. Sabato notte la nostra classifica deve essere di 24 punti. Siamo ancora vivi, ce la possiamo giocare“.

TUTTI RESPONSABILI. I giocatori sono stati avvisati: se si retrocede si riparte tutti (o quasi) insieme. Una minaccia che col passare delle giornate rischia di trasformarsi in autentica promessa. Giusto responsabilizzare anche loro della consumazione in corso di questo fallimento sportivo. Fallimento che tutti devono sentire proprio: società, allenatore e giocatori, ciascuno colpevole di aver contribuito a creare un esplosivo mix di fragilità. La dirigenza per aver sbagliato due volte la scelta della guida tecnica e non aver intuito che i pilastri su cui si voleva far

Mario Beretta sarà il prossimo Responsabile del settore giovanile del Cagliari

Mario Beretta sarà il prossimo Responsabile del settore giovanile del Cagliari

affidamento erano inadatti al ruolo. Il mister, sconfitto ripetutamente nel risultato e nel gioco dai colleghi, forse meno filosofi, forse più aggiornati e che pensa, comunque vada, di cadere in piedi per via di quei mesi trascorsi contro il suo volere in mezzo alle buche dei campi da golf. I giocatori, che in fin dei conti depongono più del loro pastore il potere esecutivo e che mai, come nelle passate stagioni, hanno lasciato intendere di avere l’intensità, la continuità e l’intelligenza che servono a contrastare l’indolente inerzia che si manifesta in campo.

 

 

SI RIPRENDE A PROGRAMMARE. La sconfitta con la Lazio, per chiudere fugacamente sul malinconico film della partita, restituisce due istantanee emblematiche della stagione. La prima legata al bello e fortunato gol di Sau, quando anche i più scettici avranno pensato che finalmente la ruota aveva preso a girare anche per il Cagliari: smentiti dopo 10′ minuti dallo sciagurato sgambetto di Crisetig e poco dopo da un secondo penalty a sfavore con annessa espulsione di Diakité, il miglior centrale rossoblù. La seconda mutuata dalla prestazione di M’Poku, icona dell’equivoco che sorge quando un numero 10 classico si deve inserire negli schemi del boemo. Una contraddizione lampante. L’ex Standard Liegi che prendeva palla e sfidava da solo i marcatori biancocelesti a suon di tocchi di suola e cambi di direzione insistiti. Niente di più lontano dalla lezione zemaniana. Eppure, nonostante l’inefficacia di entrambi, a entusiasmare di più, tra i due, è stato proprio l’energico congolese. Sul quale, visto l’epilogo che si sta scrivendo, non potrà contare quel Cagliari venturo che inizia a prendere forma. Il primo tassello relativo al settore giovanile (leggasi triennale a Mario Beretta e staff che porrà fine all’era Matteoli), è stato infatti già posto. Segno che la proprietà, nonostante il tracollo, ha mantenuto voglia e ambizione di rilanciare. Tra sconfitte, gol incassati e retrocessione a un passo, la notizia più confortante che si potesse avere. Foriera, si spera, di un futuro migliore.

Matteo Sechi

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