La Dinamo Sassari rischia di maledire le sue motivazioni alterne

La Dinamo Sassari e il suo presidente, Stefano Sardara

La Dinamo Sassari e il suo presidente, Stefano Sardara

Dopo la fatal Capo d’Orlando – addolcita con il fortunoso (e ultimo in ordine di tempo) successo casalingo – per la Dinamo Sassari di Meo Sacchetti è Trento uno degli incubi della regular season che volge al termine. Campionato pazzo per questa folle squadra, totalmente dipendente dal suo sconfinato talento e vittima delle amnesie tecnico-tattiche che nessun osservatore razionale può tacere o nascondersi.

SEGNALI NEGATIVI - I sardi, dopo il filotto partito col trionfo in Coppa Italia, sono tornati alle antiche e negative abitudini, fatte di svagatezza e indolenza, foriere di risultati ondivaghi e potenzialmente dannosi per quel che sarà. Sì, perché la sconfitta pre-pasquale contro l’Aquila è la seconda consecutiva, e parte da lontano, dall’immediato post-Desio, quando le incerottate vittorie contro Pesaro e Capo d’Orlando avevano dato i primi segnali negativi, che raccontavano di come senza adrenalina Dyson e compagni possano cedere il passo a chiunque, anche alle ultime della classe.

TRENTO E’ PIU’ SQUADRA - E così Trento, una formazione tanto organizzata, bi-dimensionale e completa, decisamente la più bella realtà del mediocre campionato italiano, ha sbancato meritatamente il Pala Serradimigni, rischiando di venir beffata in un finale dove quella carica motivazionale stava finalmente arrivando dentro i solisti biancoblù. Non è bastato, mentre altre volte era stato sufficiente dare un filo di gas per avere la meglio su squadre troppo inferiori per impensierire un gruppo di individui che solo a fasi alterne diventa squadra, sicuramente sui generis.

Kenny Kadji, ultimo arrivato in casa Dinamo Sassari

Kenny Kadji, ultimo arrivato in casa Dinamo Sassari

I NUMERI DICONO CHE… - Le cifre (singole e di squadra) e le prestazioni offerte sabato raccontano di una Dinamo che non ha brillato clamorosamente, ma non ha nemmeno fatto disastri. Pesa il 68% da 2 di Trento (contro il 48% sassarese), mentre la Dinamo ha “bombardato” col 36% (a fronte del 32% trentino) e preso più rimbalzi (38 a 32). Gravi le 17 perse (contro 11) a fronte del 6 a 11 sul fronte delle recuperate. In generale, visti anche i tabellini dei giocatori, la sentenza è quella di una mancanza di pepe necessario per portare la vittoria dalla propria parte. Logan in ripresa, Dyson in ordinaria amministrazione, anche se entrambi continuano a “sparacchiare” da tre punti (1/9 per Dyson, 5/12 per l’ex Alba Berlino). Inconsistente, quasi invisibile Sanders, in evidente flessione Lawal (10 rimbalzi sono praticamente un cartellino da timbrare per lui), mentre Kadji spilucca sempre cose buone, ma mai abbastanza per azzannare da solo il match.

DINAMO A INTERMITTENZA - E’ una Dinamo che ha bisogno di motivazioni forti per rendere, lo si era capito ben prima della Coppa Italia, che aveva certificato ciò in tutto e per tutto. A ribadirlo era stato lo stesso Meo Sacchetti dopo l’inopinata sconfitta di Milano, quando parlò più o meno così: “Le gare di regular season sono importanti, ma non quanto i playoff, che sono altra cosa”. Lo pensano tutti, e non è un azzardo dirlo: questo momento della stagione infonde poca carica ai ragazzi biancoblù, e talvolta ci si scotta. Poco male, non fosse che si rischia di finire quarti in un torneo dove la Dinamo Sassari è seconda solo a Milano, che sarebbe bene evitare fino alla finale scudetto.

I Sacchetti’s boys sono nettamente superiori, se le affronteranno col piglio giusto, a Venezia e Reggio Emilia, da incontrare una in casa (penultima giornata) e l’altra fuori (domenica prossima). Insomma, la Dinamo ha nelle mani il suo destino, e ha tutto per renderlo sorridente, in linea coi valori scritti sulla carta. Non basterà, però, accendersi solo quando riflettori e blasone lo suggeriscono. Altrimenti si rischia di portarsi i rimpianti fino ad inizio estate.

Fabio Frongia

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