Pavoletti: “Cagliari è serenità, spero di incontrare Riva”

Il bomber livornese alla Gazzetta: “I rossoblù sono il primo club ad avermi fatto un contratto di 5 anni”

Leonardo Pavoletti (foto: Zuddas)

Leonardo Pavoletti (foto: Zuddas)

Intervistato da Andrea Elefante per La Gazzetta dello Sport, Leonardo Pavoletti si è lasciato andare ad uno sguardo ampio sulla sua vita, la propria carriera e la nuova avventura cagliaritana. Che, è noto, poteva iniziare già nel 2014: “Era tutto fatto, anche il biglietto aereo, per arrivare alla fine del mercato invernale. Poi il Cagliari battè il Sassuolo con gol di Cop e cambiò idea, ma ho sempre sperato di venire”. Assicura di non avere avuto nessun peso dal gol che mancava da quasi un anno (“Ho iniziato a pensarci un po’ qui a Cagliari“), trovato poi col Genoa (non decisivo) e in modo fragoroso (bello e fondamentale, al 95′) col Benevento. Il rapporto speciale con l’amico e consulente Roberto (“Quando mi alzo da una cena con lui non vedo l’ora di giocare, mi ha insegnato a non pensare al giudizio degli altri”) e quello con Mou, un maiale che è l’animale domestico di famiglia. Il ricordo, poi è per gli inizi: “Dopo sei mesi alla Juve Stabia senza giocare e altrettanti nel Casale senza segnare ero diventato insicuro, con gli studi non ingranò e mi decisi a prendere un’altra strada, con l’occasione che mi diedero al Lanciano. E lì iniziò davvero il Pavoletti calciatore”.



Dal sogno Nazionale (“Ora devo pedalare, i conti si fanno a maggio, per due volte ho sperato nell’esordio, andare ai Mondiali non succede ma se succede…”) al passato da tennista (“Me la cavavo bene, poi persi con una ragazza e mollai”), passando per il mangiar sano: “Non ho mai avuto infortuni gravi, però spesso ho avuto dei fastidi. Sono macchinoso, se non sto bene arranco, l’incontro con la nutrizionista mi ha cambiato in meglio”. Pavoletti, a quota due gol con il Cagliari, ricorda come il libro “Il vecchio e il mare” gli abbia cambiato la vita, e quella vicenda doping (40 giorni di stop per uno spray nasale) lo abbia toccato: “Titoloni per la notizia e trafiletto per dire che ero innocente, quello mi fece male. Mio padre mi sgridò – dice – da allora esulta pulendomi le spalle come a dire che scivola via tutto”.

Cagliari vuol dire anche Gigi Riva: “Spero di incontrarlo come ho fatto a Napoli con Careca e Maradona, magari ci facciamo due chiacchiere”. A Napoli non andò bene: “Non era il calcio per me, ci abbiamo provato ma per una volta presi il treno sbagliato, ero un pesce fuor d’acqua. Però – assicura – sono cresciuto come uomo, perché capisci cosa ti dà Napoli solo se la vivi”.

A Torino ritroverà ben cinque vecchi compagni di squadra dei tempi genoani: Iago Falque (“Purtroppo ci ho giocato poco, la perfezione dei movimenti e sempre in aiuto al compagno”), Burdisso (“Quello che mi è stato più vicino”), Rincon (“Buono come il pane”), Ansaldi (“Sempre sorridente”), Niang (“Mi stupisce sempre, un giorno ero in tribuna e lui mentre batteva un fallo laterale mi chiese come andasse, ero imbarazzato per lui e lui per niente”).



Si definisce “operaio del gol”. “Lo sono tutti gli attaccanti – dice – a parte Messi e Cristiano Ronaldo, se tu sgobbi per gli altri sarà più probabile che gli altri lo facciano per te”. Al Cagliari un ringraziamento speciale: “Spesso in passato tutti dicevano ‘Bravo Pavo’ e poi andavo in panchina, il Cagliari è la prima società che mi ha fatto cinque anni di contratto prendendomi per fare il titolare, almeno in teoria. Stabilità, equilibrio: quello che cercavo”.

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