… Idris, il primo giornalista-tifoso: “Quella volta in Sardegna con Conte e la casa a Porto Ottiolu, ma la Juve non farà regali”

Edrissa Sanneh, per tutti Idris, giornalista e volto televisivo a tinte bianconere

Edrissa Sanneh, per tutti Idris, giornalista e volto televisivo a tinte bianconere

Indimenticabile. Indimenticato. Edrissa Sanneh, meglio noto come Idris. Alzi la mano chi, anche tra coloro che non si schierano tra i calciofili, non ricorda il suo volto e le sue appassionate cronache negli studi di “Quelli che il calcio” o da inviato sui campi, quando i suoi occhi restavano inchiodati sul piccolo schermo della sua postazione mentre raccontava con verve ed energia inesauribili la grande (e per altri aspetti controversa) epopea della Juventus di Lippi, Del Piero e Moggi. Impossibile, per chi negli anni Novanta è cresciuto, non conoscere e riconoscere il personaggio che più di tutti ha contrassegnato gli anni d’oro della fortunata trasmissione condotta da Fabio Fazio. Senegalese nelle origini e nell’animo, italiano d’adozione, juventino per passione viscerale, a ragione – nel bel mezzo della chiacchierata – rivendica un primato che nessuno potrà mai togliergli: “Io, fratello, ho inventato la figura del giornalista-tifoso e oggi tutti provano ad imitarmi”. Poche storie.

Al principio dell’intervista, un po’ per cortesia e un po’ per deformazione professionale, la prima domanda la fa lui: “Quanto tempo mi vuoi dedicare? - Idris, semmai sei tu che dedichi del tempo a me… - Beh, allora direi che 10 minuti sono sufficienti per un’intervista“. Cerco dunque di spiegare brevemente le ragioni di questa telefonata, all’antivigilia di una partita, Juventus-Cagliari, determinante per le sorti della squadra di Festa e che certo non perde mai il suo fascino, ma il ragionamento viene interrotto da un’eco veemente che arriva direttamente dal Lago di Garda, più precisamente da Bedizzole, dove Idris ha fissato la sua dimora da tempo. “La Sardegna? Ahhh la Sardegna! Io amo la Sardegna, sai che ho avuto una casa a Porto Ottiolu per 11 anni? Ho sempre cercato di nascondere quel posto perché è talmente bello, ma poi si è riempito di fiorentini e romanisti! Quanti ricordi e quanti amici…Ma volevi parlare della partita?“. Sì, anche. Credi che Allegri e la Juventus concederanno qualcosa a un Cagliari disperato? “Non credo, la competizione è sempre competizione, non ci sono amicizie o favori, specie per la Juve. C’è un management serio alle spalle, una società affamata di vittorie. Certo, ci sarà un turnover molto allargato, ma chi entrerà in campo sarà ancora più motivato perché vorrà dimostrare di essere all’altezza della situazione”. Nessun regalo, insomma, il Cagliari inizi a pregare. “Questa Juventus non fa regali neanche a me! Vuole vincere sempre e comunque, non vuole macchie negli almanacchi!“.

Fazio con Van Wood e Idris durante "Quelli che il Calcio"

Fazio con Van Wood e Idris durante “Quelli che il Calcio”

Quando l’argomento della conversazione diventa Zdekek Zeman non c’è spazio per mezze misure nella sua disamina. “Per fortuna che non c’è più, per il Cagliari intendo, sennò sarebbe stato peggio. Cosa ne penso della sua esperienza in Sardegna? Secondo me non era la persona giusta. E’ un maestro, un insegnante di calcio, tutto quello che vuoi, ma troppo freddo per conquistare il popolo sardo e di conseguenza anche la sua squadra. Secondo me la nuova dirigenza avrebbe dovuto puntare su un tecnico giovane, che proponesse un calcio nuovo, uno come Montella per intenderci“. A un certo punto si è virato su Gianfranco Zola, ma i risultati non sono migliorati di molto. “Ecco vorrei dire una cosa su Zola, premettendo che non conosco nei dettagli le cose della società. Io non l’avrei mai chiamato perché la penso da sempre così: nemo propheta in patria. Però sono convinto che una volta preso bisognasse insistere e alla fine Gianfranco ce l’avrebbe fatta“.

Non ci sarà mai la controprova, mentre ti chiedo a bruciapelo di fare un raffronto tra due momenti del calcio italiano separati da poco più di vent’anni. Nel 1994 il Cagliari riusciva ad eliminare la Juventus di Roberto Baggio dalla Coppa Uefa, oggi una delle cosiddette provinciali un’impresa del genere la può vivere solo nei più ottimistici sogni. “Vuoi sapere cosa è cambiato? L’importanza dei soldi ovviamente! Prima il dio denaro contava meno e in Italia emergeva chi aveva i migliori direttori sportivi e i migliori osservatori per scegliere i giocatori giusti che facevano di quello italiano il campionato più bello. Adesso, invece, le priorità sono diventate altre: plusvalenze, bilanci, vincoli, clausole, avvocati che si sono riciclati in procuratori. Tanti soldi e molti più ‘tramini’ (inganni, ndr), come si dice da queste parti. Capisci cosa voglio dire?“.

I Tenores di Bitti, ospiti della celebre trasmissione RAI

I Tenores di Bitti, ospiti della celebre trasmissione RAI

Molto chiaro. A fronte delle voragini che circondano il nostro calcio, sono sicuro però che martedì sera, dopo la vittoria sul Real, avrai esultato come ai bei tempi. “No no no, non mi sono scomposto dopo il gol, non me lo posso più permettere a 64 anni, rischio il crepacuore! E’ stata sicuramente una partita al cardiopalmo che nel computo delle occasioni ha detto che la Juventus meritava di vincere. Ho avuto tantissime emozioni nella mia vita, ma adesso devo darmi una calmata. Il godimento comunque è bello consumarlo anche freddo“. Di certo non era così quando commentavi le partite di campionato a “Quelli che il calcio”, una trasmissione che ha segnato indelebilmente l’immaginario collettivo della cultura italiana di fine millennio sublimando l’aspetto meramente calcistico, quando riusciste sotto la guida di Fabio Fazio a inventare un format originale e sopratutto italianissimo nella scelta del cast e dei ritmi narrativi. Partendo dal basso per preservare l’aspetto popolare del calcio, oggi colpevolmente accantonato da un’informazione sportiva che forse si prende un po’ troppo sul serio. “Un format vincente, che ha fatto la storia della televisione. Io, io che ho inventato il giornalista-tifoso, ero stato adottato da Gianni Brera, che era stato anche il maestro di un altro grandissimo giornalista, Gianni Mura. Vedi, tutto torna! Di dov’è Gianni Mura?

 

 

Sicuramente il cognome tradisce le sue origini, ma tornando a “Quelli che il calcio”, il gruppo in studio era tanto affiatato quanto variopinto. Per esempio c’era un certo Takahide Sano, l’enigmatico giapponese avulso da ogni discorso di natura pallonara. “Un personaggio inventato da Fabio Fazio che da genio quale è volle internazionalizzare la trasmissione. Sano era un ragazzo un po’ ingenuo, un designer che non sapeva niente di televisione e di calcio. Provarono a trasformare anche me in macchietta, ma io mi sono sempre opposto perché sono allergico per natura al soggiogare e all’essere soggiogato“. Un altro totem era il chitarrista e astrologo olandese Peter Van Wood. Non azzeccava una previsione nemmeno per sbaglio e per questo si generò il suo alter ego da bestiario, Van Goof. “Peter era una persona formidabile. Sai che una volta mi regalò un quadro dipinto da lui e alla fine della trasmissione qualcuno me lo rubò? So anche chi è stato e prima poi stai certo che il nome salterà fuori. Certo che mi stai facendo rivivere emozioni e ricordi che avevo accantonato…“. Allora non posso non menzionarti l’altro grandissimo personaggio, Suor Paola: “Ti svelo un retroscena. Lei dopo 2-3 puntate voleva andare via perché probabilmente la madre superiora le faceva delle pressioni. Fui io a convincerla a restare dicendole queste parole: ‘Se tutte le suore fossero come te, viva il mondo!’. Credo che in generale siamo stati tutti dei miracolati di una stagione televisiva irripetibile. Però eravamo grandi personaggi perché avevamo grandi personalità“.

Idris e il giapponese Takahide Sano

Idris e il giapponese Takahide Sano

La scaletta dell’intervista nel frattempo va a farsi benedire e la conversazione si dirotta su binari anarchici seguendo schemi prettamente analogici con sottilissimi fili che marcano la continuità tra un argomento e l’altro. Idris, tra un’interruzione e l’altra dovuta ai lavori nella nuova casa, riprende a parlare della Sardegna e dei sardi: “Sai cosa mi stupiva di più? Che arrivavo e ripartivo con gli stessi soldi. Non sono mai riuscito a pagare niente! Ho stretto amicizie di una vita laggiù e il legame è rimasto fortissimo. Vorrei ricordarne uno per tutti: Massimo Melo, grandissimo tifoso del Cagliari. E poi anche una grandissima donna, alla quale non esiterei a dare il nobel per la pace“. Di chi parli? “Parlo di Cornelia Isabelle Toelgyes, fratello! Una persona incredibile che lavora per Africa Express e che ha adottato tantissimi ragazzi africani, una donna che fa davvero tanto per l’umanità“. Insomma la Sardegna ti ha stregato, quando l’ultima volta che sei venuto? “Circa cinque anni fa, con Antonio Conte all’aeroporto di Olbia. Ci siamo seduti e abbiamo bevuto un paio di Ichnusa. Poi siamo partiti con l’aereo per Roma. Io quando parlo della Sardegna sto proprio bene. Ciao fratello, alla prossima!“. La linea s’interrompe e il display del telefono segnala che la chiamata è durata 45 travolgenti e serrati minuti. La metà esatta di quelli, altrettanto travolgenti e serrati, che serviranno al Cagliari per fare il colpaccio allo “Juventus Stadium” sabato pomeriggio.

 

Matteo Sechi

Sull'autore

Ti potrebbero interessare anche...