De Andrè racconta Genoa-Cagliari

Attraverso le opere di Faber ci prepariamo a Genoa-Cagliari

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È il personaggio del momento: il suo volto campeggia su grande e piccolo schermo e nei salotti della tv generalista; la sua voce è in tendenze su Youtube con le cover dei trapper Sfera Ebbasta e Ghali. A quasi vent’anni dalla morte, Fabrizio De Andrè ritorna in auge, riscoperto dalle nuove generazioni. Uno degli esperimenti più riusciti nell’omaggiare, senza inflazionare, la sua poetica si trova su Facebook nella pagina De Andrè racconta la Serie A: community geniale di poespittori ignari che utilizzano, riqualificandoli, i versi del cantautore genovese per narrare le gesta dei protagonisti del massimo campionato di calcio italiano. La giustapposizione tra immagine e testo crea un effetto metonimico spiazzante, un unione complementare che inventa un nuovo linguaggio emozionale. Partendo dal successo di questo mood narrativo viene naturale riproporlo, seppur riadattato, per raccontare le storie del club della terra di nascita e d’adozione, intrecciati alla sua vita tra continui corsi e ricorsi storici.



MARINELLA (1964). Prime volte: De Andrè passa l’esame della SIAE ed incide La canzone di Marinella, reinterpretata da Mina tre anni più tardi, per mezzo della quale raggiungerà il successo del grande pubblico. Il Cagliari di Arturo Silvestri approda per la prima volta nella massima competizione nazionale. Lo Stadio Amsicora accoglierà il Genoa il 23 maggio 1965, a tre giornate dal termine del campionato. Il successo in rimonta dei padroni di casa (12’ Kölbl, 34’ Riva, 57’ rig. Rizzo) darà il via al rush finale per la conquista del sesto posto in classifica e renderà reale l’incubo della cadetteria ai liguri.

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VOLUME I (1967). Renzo Cappellaro, saluta la Sardegna dopo due stagioni, ceduto al Grifone dal nuovo allenatore dei sardi Manlio Scopigno, nell’estate del ’66. L’attaccante vicentino, in stanza a Genova, farà da intermediario tra Gigi Riva e Fabrizio De André, organizzando il loro primo incontro. “Eravamo a casa sua, uno di fronte all’altro su due divani diversi – rivela Riva al Corriere della Sera in un’intervista dell’11 febbraio 2017 – Lui era chiuso, io ridicolo. A un certo punto si è alzato ed è andato a prendere una bottiglia di whisky, ne ha versato un bicchiere per ciascuno e lì siamo partiti come treni. Aveva appena scritto Preghiera in Gennaio, in una notte. Mi raccontò che di giorno dormiva e di notte usciva e ascoltava i rumori della campagna.” Il requiem scritto in memoria dell’amico Luigi Tenco farà parte, insieme a Bocca di Rosa, di Volume I, primo LP registrato in studio dal cantautore. Le due canzoni sopra citate sono tutt’oggi le preferite del repertorio deandreiano dal centravanti leggiunese.

TUTTI MORIMMO A STENTO (1968). Il 33 giri della morte morale sbanca i botteghini e accompagna gli stravolgimenti politici e sociali di un Italia in pieno fermento, contagiata delle proteste del maggio francese. Il Cagliari crollato in undicesima posizione con Ettore Punicelli rinasce col ritorno del filosofo Scopigno.

LA BUONA NOVELLA (1970). Il paradiso non è in cielo ma sulla terra. De André allontana i dogmi da Cristo, rendendolo umano e laico. Il concept-album nasce prendendo spunto da Vangeli Apocrifi (non riconosciuti dalla Chiesa). Non canonica nemmeno la buona novella dei sardi sul gradino più alto del podio: campioni d’Italia davanti alle più blasonate squadre del nord. Riva e Scopigno firmano l’impresa, il resto è storia. Lo scudetto dei Mori coincide col punto più basso toccato dai liguri, retrocessi in serie C.

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ANNI ’70-80. “E mai poter bere alla coppa d’un fiato ma a piccoli sorsi interrotti” (Un malato di cuore, Non al denaro non all’amore né al cielo, 1971). Dopo la buona novella dello scudetto, gli uomini di Scopigno, dipendenti dall’estro di Riva, arrancano, incapaci di ripetere le gesta del passato. L’assolo del singolo, privo di un accompagnamento corale, è condannato a fallire alla stregua della rivolta individualista del trentenne bombarolo di Storia di un impiegato (1973). “Finii con i campi alle ortiche, finii con un flauto spezzato. E un ridere rauco, e ricordi tanti, e nemmeno un rimpianto”. Cala il sipario per i ragazzi di Scopigno sulle note del Suonatore Jones (Non al denaro..), unico superstite alla metempsicosi musicale dal cimitero di Spoon River di Lee Masters. La prigionia per i sardi arriverà nella stagione 1975-76 con un’amara retrocessione. Il Cagliari occuperà la cella della cadetteria lasciata vacante dal Genoa neopromosso nella sua “ora di libertà”. Per entrambe le formazioni la decade degli ’80 sarà un continuo saliscendi di umori e piazzamenti, di certezze e disillusioni, naufragi e attese infinite all’Harris’ Bar di Rimini (1979).

L’INDIANO (1981) – Il sardo. Album scritto dopo l’esperienza del sequestro del 1979. De André si trasferisce in Gallura, a metà degli anni ’70, seguito da Dori Ghezzi, sua compagna di vita e di sventura nella cattività dell’Hotel Supramonte. I quattro mesi di prigionia non muteranno il rapporto con l’isola e i sardi, difesi a spada tratta contro il filone pregiudiziale dell’opinione pubblica che giudica, isola e bandisce un popolo anziché capire. La mancanza di titolo nel frontespizio rimanda alla volontà di non assegnare etichette alla libertà estrema dei pellerossa di ieri e dei sardi di oggi, simili nell’essere espropriati della propria terra, colonizzati e a rischio d’estinzione.



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CRÊUZA DE MÄ (1984) – Il genovese. Grida scomposte tra i mercati di Piazza Cavour, focacce calde e pesce fritto sotto i portici di Sottoripa, carne di vitello e verdure al vapore per una çimma fumante. Crêuza de mä racchiude gli odori dei carrugi, i suoni del dialetto ligure che diventa lingua franca dei popoli mediterranei. È un viaggio onirico di avventure in mare, di traversate e fughe picaresche. Un tuffo alla riscoperta di echi sedimentati in un passato comune. Un atto d’amore alla sua Genova.

LE NUVOLE (1990). Dal mare al cielo, De Andrè alza gli occhi e musica Aristofane. Gli ateniesi attualizzati, dall’opera omonima del commediografo greco, ristagnano nell’indifferenza omologante, sovrastati da personaggi ingombranti ed incombenti (le nuvole) che nascondono loro il sole. Le proteste del ‘68 avvizziscono in canti dei grilli, mentre il “cadavere di utopia”  de La domenica delle salme (Targa Tenco 1991) rivive con la citazione di Samuel Bellamy (Pirata alle Antille nel XVIII secolo), nella copertina dell’album:“…io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare.” Tradotto: la sconfitta è imminente ma nessuno può vietare al singolo la lotta. Stesso ideale e spirito combattivo che ha contraddistinto le imprese di cinque capitani coraggiosi rossoblu (uno diviso tra i due club), a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi del ’90. Tra le nubi della Lenterna e del Golfo degli Angeli, arrivano spiragli di luce da Franco Scoglio e Claudio Ranieri, autori di due promozioni esaltanti nella massima serie (biennio 89/90), le cui panchine danno l’inizio all’età dei grandi condottieri. Osvaldo Bagnoli porta i genoani alla rivalsa nazionale agguantando il quarto posto (miglior piazzamento dal dopoguerra per il Grifone) e la semifinale di Coppa Uefa, persa contro l’Ajax (stagione 1991-92) prima di accasarsi all’Inter. La panchina di Marassi sarà di Bruno Giorgi solamente per le prime nove giornate di campionato. Il tecnico pavese, un anno dopo, raccoglierà l’eredità lasciatagli in dote (ottava posizione) da Carlo Mazzone a Cagliari, venendo sconfitto in Europa dal suo predecessore genoano ad uno scalino dalla finale.



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ANIME SALVE (1996). Testamento artistico e spirituale di De Andrè che racchiude, in un collage, i volti che hanno composto la sua vita, vissuta e sognata. Un mosaico di tessere scartate, di prostitute e Prinçese, di zingari e Dolcenere, di malati d’amore ed eterni sconfitti, assemblati in poesia ed illuminati in canzone. Un universo di ultimi ed emarginati, di spiriti solitari in rotta col sistema per comportamenti difformi dalle consuetudini della maggioranza e per una mancata omologazione alle leggi “scritte da un gruppo che è al potere”. Anime Salve è un inno di resistenza di coloro che “difendendo il diritto di assomigliare a sé stessi, difendono la loro libertà”, delle minoranze, i dialetti, le etnie, le sfumature sarde e genovesi destinate ad essere inghiottite dalla globalizzazione monocolore e dalla conformità dei costumi. Anime Salve è l’ultima Smisurata Preghiera di un amico fragile, “evaporato in una nuvola rossa e(blu), in direzione ostinata e contraria.”

Fiorenzo Pala

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